giu

27

Ciro Esposito

Autore: Francesco Floro Flores


Mentre un giovane Napoletano, ferito a morte, lottava per sopravvivere, un altro napoletano in Televisione prendeva la scena: Genny la Carogna. Un ultra’ che impediva la partita Napoli Fiorentina (Finale di Coppa Italia) e quindi una festa per i tifosi napoletani. Di colui che aveva sparato nessuna traccia, di che cosa seriamente fosse accaduto nessuna informazione.

Come in un oblio televisivo durante la partita e dopo, il tema era Genny e le sue imprese;  per giorni, si e’ scavato sulla sua vita e se ci fosse stata trattativa. L’immagine di Genny era l’immagine di Napoli.
In questa assurda coreografia erano inserite come comparse le piu’ alte cariche dello stato che partecipavano passive alla grande farsa.

Intanto Ciro Esposito moriva, ed ancora oggi i fatti e le responsabilita’ non sono state precisamente definite.

Come un gioco della sorte, nome piu’ simbolico non poteva avere CIRO ESPOSITO, il nome e il cognome piu’ comuni della citta’.

In effetti questo giovane Napoletano incarna l’altra Napoli, quella semplice, quasi banale, che va allo stadio solo per vedere la partita, per poche ore di gioia giovanile. Un ragazzo semplicemente fidanzato, uno di noi, uno dei nostri figli.

Per lui non c’e’ stata cronaca, non ci sono stati studi televisivi alla ricerca del suo passato.

Questa Napoli che muore senza colpe non interessa  nessuno, perche’ non incarna la tipologia della Napoli che si vuole rappresentare.

La Napoli buona e’  ben rappresentata da CIRO, ma anche dalla Sua Famiglia che, piegata dal dolore, chiede solo pace, serenita’.

Ciro Esposito poteva essere uno dei nostri figli, il suo nome diventi emblema di una Napoli troppo silenziosa, troppo passiva e troppo abusata. Una Napoli che pretende giustizia e che non vuole e non deve dimenticare il Sorriso di un altro suo giovane  morto senza colpe.

set

13

Per vivere i propri sogni, bisogna svegliarsi.

Autore: Francesco Floro Flores


Penso, che queste parole, siano estremamente aderenti alla realtà, che ogni napoletano vive, oggi.

Ad ascoltare la nostra gioventù, spesso si è in presenza di un silenzio assordante: i nostri adolescenti hanno perso il senso di alcuni valori pregnanti, inseguendo l’apparire, al desiderio di essere, spinti in codesta apatia, da una televisione che oltre ad essere lo specchio della nostra società, contemporaneamente è un continuo propositore di nuovi e più deprimenti costumi.

Ci sono giovani, interessanti, volitivi, che sentono il disagio, che vogliono cambiare, ma si limitano, anche per mezzi inadeguati, a contestare giustamente il contesto.

Ma se sono uniti nella critica, nella necessità di agire, trovano difficile l’aggregazione, il convergere in un obiettivo unico, che renderebbe finalmente vive ed assordanti le loro proposizioni.

Ci sono, giovani, e sono tanti, e sempre di più, che hanno la determinazione e consapevolezza di volere lasciare Napoli, di andare dove le loro capacità, il loro talento sia valorizzato, premiato, ma anche solo riconosciuto. Spesso sono i giovani migliori, delusi e mortificati dalla quotidianità di una città, che privilegia la furbizia, l’imbroglio, l’arroganza, la malfamazione.

E ci sono ancora giovani, che invece hanno ancora un filo di speranza di rimanere a Napoli. Sono pendolari, ingegneri, dottori, ricercatori, ma anche operai, segretari… che viaggiano tutte la mattine per raggiungere Roma o tutti i lunedì per andare in Italia, al Nord, novelli pendolari, quasi emigrati, che sognano, di riportare la loro esperienza nella loro città. Giorno dopo giorno, con sempre minore speranza, alla notizia, che le imprese chiudono, le multinazionali disinvestono, che le istituzioni non hanno piu’ soldi, derubate dall’interno e sovraccariche di personale, inutile.

Ma io ho motivo di ritenere, che tutti, proprio tutti i ragazzi napoletani, citati, ma anche quelli che hanno lasciato già Napoli, sognino il cambiamento, che Napoli possa rivivere il suo splendore di città bellissima, colta, viva, ricca di arte e di talento .

Io sogno che la gioventù napoletana si svegli con la determinazione di volersi riprendere la propria città, che venga espulsa non la migliore gioventù, ma una borghesia cancerogena, solidale con il malaffare e la mala politica. Un borghesia corrotta sempre solidale con il potere di turno, pronta a svendere la città ed i napoletani per un proprio tornaconto.

Il sogno non può essere di uno, ma deve essere di tutti, uniti, e disposti a lasciare il proprio egoismo, per renderlo disponibile alla Causa, unica e di tutti i napoletani.