Non mi scandalizzano le vicende di un potente, ricchissimo che si lascia andare ad ogni sorta di esperienza, nella quale si illude di soddisfare ogni sua richiesta, forte del suo potere, per poi sentirsi più solo e povero di prima.
Che emozione potrà dargli una ragazza che paga, che traveste. Quale deve essere lo stato di confusione mentale che ne deve ricavare poi.
A me questi uomini, tra l’altro anziani, destano pietà, e molto più dispiace pensare alle loro, famiglie sistematicamente offese nella propria dignità.
Mi sconvolge invece, lo spaccato della società che fa contorno al potente.
Ragazze disponibili, non solo prostitute, ma anche studentesse, sedicenti attrici, che non hanno scrupolo a prostituirsi una sera occasionalmente, pur di raggiungere il loro obiettivo. Soldi e qualche promessa.
Ma peggio i fratelli che seguono da tifosi la sorella che fa carriera, quando finalmente viene invitata a letto, o il padre, che spiega ad una figlia, un attimo in difficoltà, che gli uomini sono un po’ tutti così: di fronte alla vista di una creatura nuda, non possono non toccarla.
Queste ragazze non hanno anticorpi, quei padri non hanno più niente da insegnare, hanno perso la dignità.
Sembra che nessuno consideri più che il COME si raggiunge un obiettivo, è molto più importante che raggiungerlo
In questo sconvolgimento della società italiana nessuno ha più vergogna. Nessuno arrossisce.
Solo pochi anni fa quei padri, quei fratelli mortificati avrebbero schiaffeggiato le figlie, e sarebbero andati ad Arcore a bestemmiare contro il potente, a minacciarlo, senza giudici ed avvocati, ma con la Forza, della propria dignità.
Quella dignità , se ci fosse oggi, farebbe sì paura al potente !!
Il 22 dicembre alcuni movimenti cittadini, nati spontaneamente, insieme rappresenteranno le loro idee, diverse nella genesi, ma coincidenti negli obiettivi. C’è una unica grande volontà di dimostrare che Napoli c’è. Che i napoletani se vorrannno, potranno finalmente scegliere anche al di là dei partiti.
Non è stato facile “unire”. A Napoli ci sono sempre state grandi individualità, ma è sempre mancato lo spirito civico, il senso comune, piuttosto che l’egoismo del singolo.
Però ci siamo riusciti. Anche i discorsi dei singoli rappresentanti, sono parti integrate e complementari di un unico programma per la città di Napoli.
C’è un bisogno sentito e sincero di cambiare. C’è il desiderio di vivere liberamente, soffacati ormai da un malessere comune, di cui la spazzatura è un elemento, ma non l’unico.
Il 22 dicembre è il giorno in cui chiunque si può aggregare, unire a tutti noi, per gridare che non si è soli, che noi non siamo soli. Senza clamori, con il passa parola, questo brusio della gente per bene, che oggi non da fastidio a nessuno, può diventare il boato, che potrebbe finalmente cambiare lo spirito della nostra città.
Un sogno, ma per viverlo è necessario che tutti ma proprio tutti gli uomini e donne che amano Napoli, si sveglino. E’ una grande occasione, forse l’ultima, non la perdiamo, vediamoci in tanti al Sannazzaro, non reimpiamo solo il teatro, ma anche la piazzetta adiacente. Sarà il modo giusto per gridare che Napoli c’è e non vuole più aspettare.
Le associazioni:
Cambiamo Napoli | Movimento 5 stelle | Insieme per la Rinascita | Partito del Sud
presentano
Napoli c’è
“Ripristino della legalità e della sicurezza dei cittadini:
controllo del territorio e strategie di contrasto alla criminalità. ”
Francesco Forzati – Cambiamo Napoli
“Idee e progetti per lo sviluppo del turismo e la valorizzazione
dei beni culturali”
Alessandro Amitrano – Insieme per la rinascita
“Dall’attuale disastro ad un ‘ambiente ideale!”
Marco Savarese – Movimento 5 Stelle
“La Questione Meridionale : “eredi di una grande storia,
ma anche d’una grande vessazione irrisolta che dura da 150 anni.”
Andrea Balia – Partito del Sud
“Lavoro e cultura del lavoro, per guarire i mali di Napoli”
Francesco Floro Flores
Penso, che queste parole, siano estremamente aderenti alla realtà, che ogni napoletano vive, oggi.
Ad ascoltare la nostra gioventù, spesso si è in presenza di un silenzio assordante: i nostri adolescenti hanno perso il senso di alcuni valori pregnanti, inseguendo l’apparire, al desiderio di essere, spinti in codesta apatia, da una televisione che oltre ad essere lo specchio della nostra società, contemporaneamente è un continuo propositore di nuovi e più deprimenti costumi.
Ci sono giovani, interessanti, volitivi, che sentono il disagio, che vogliono cambiare, ma si limitano, anche per mezzi inadeguati, a contestare giustamente il contesto.
Ma se sono uniti nella critica, nella necessità di agire, trovano difficile l’aggregazione, il convergere in un obiettivo unico, che renderebbe finalmente vive ed assordanti le loro proposizioni.
Ci sono, giovani, e sono tanti, e sempre di più, che hanno la determinazione e consapevolezza di volere lasciare Napoli, di andare dove le loro capacità, il loro talento sia valorizzato, premiato, ma anche solo riconosciuto. Spesso sono i giovani migliori, delusi e mortificati dalla quotidianità di una città, che privilegia la furbizia, l’imbroglio, l’arroganza, la malfamazione.
E ci sono ancora giovani, che invece hanno ancora un filo di speranza di rimanere a Napoli. Sono pendolari, ingegneri, dottori, ricercatori, ma anche operai, segretari… che viaggiano tutte la mattine per raggiungere Roma o tutti i lunedì per andare in Italia, al Nord, novelli pendolari, quasi emigrati, che sognano, di riportare la loro esperienza nella loro città. Giorno dopo giorno, con sempre minore speranza, alla notizia, che le imprese chiudono, le multinazionali disinvestono, che le istituzioni non hanno piu’ soldi, derubate dall’interno e sovraccariche di personale, inutile.
Ma io ho motivo di ritenere, che tutti, proprio tutti i ragazzi napoletani, citati, ma anche quelli che hanno lasciato già Napoli, sognino il cambiamento, che Napoli possa rivivere il suo splendore di città bellissima, colta, viva, ricca di arte e di talento .
Io sogno che la gioventù napoletana si svegli con la determinazione di volersi riprendere la propria città, che venga espulsa non la migliore gioventù, ma una borghesia cancerogena, solidale con il malaffare e la mala politica. Un borghesia corrotta sempre solidale con il potere di turno, pronta a svendere la città ed i napoletani per un proprio tornaconto.
Il sogno non può essere di uno, ma deve essere di tutti, uniti, e disposti a lasciare il proprio egoismo, per renderlo disponibile alla Causa, unica e di tutti i napoletani.
Il referendum di Pomigliano ha sorpreso tutti, anche me, non credo la Fiat.
Io ho ritenuto, che fosse chiaro, quanto vitale era dimostrare la necessitaà di difendere il proprio lavoro, pure a costo di rinunce , dettate a mio avviso dal mercato, più che dalla Fiat. Tra l’altro era un modo chiaro di dimostrare in modo diretto e senza rappresentanza di alcuno, il proprio diritto al lavoro. Era inoltre l’unico modo che avrebbe potuto mettere in seria difficoltà la Fiat, nell’ambito delle sue decisioni. Ora per Fiat sarà tutto più facile , e sarà libera di proporre quanto più ritiene utile.
Smontare lo stabilimento polacco dove si produce la Panda, industrialmente aveva poco senso, ora non ne ha nessuno.
Una grande impresa, nemmeno più italiana al 100%, la Fiat, ha deciso di investire ancora sulla fabbrica di Pomigliano, ponendo condizioni.
Mi preme l’argomento, perchè avrà un’incidenza impressionante sull’occupazione al Sud, diretta ed indiretta, ma anche perchè potrebbe introdurre significativi cambiamenti nella dialettica tra impresa e lavoratori, cambiamenti indispensabili per la sopravvivenza dell’Italia imprenditrice, in uno scenario globale, nel quale ormai si vive.
Il primo punto su cui nessuno si è soffermato è l’indipendenza, della decisione, dal supporto finanziario statale e regionale. Fiat, cioè, investirà perchè ritiene vantaggioso farlo, purché ci siano condizioni predefinite.
Insomma, diversamente dal passato, non è l’agevolazione statale, l’incentivo ad investire, ma una precisa scelta strategica, che fa ritenere al managment di Fiat, Pomigliano, un sito industriale, che rispettando, le opportune condizioni, possa essere competitivo, con altri siti nel mondo.
E questo mi sembra un punto non da poco, per un Sud che ha visto investimenti di grandi industrie, durare poco più della durata della sovvenzione, perchè dietro, non c’era alcuna politica industriale di lungo respiro.
Si può obiettare, però che il lavoro, venga pagato caro, che la Fiat imponga un ricatto.
Ma queste sono le condizioni di Fiat, o sono le condizioni che un mercato globalizzato impone?
E’ evidente, credo anche e soprattutto ai lavoratori di imprese che producono prodotti per il mercato, che l’est e l’ovest, la ricca Europa e l’est europeo ed asiatico siano ormai a stretto contatto per effetto di un processo globale che rende i mercati, sempre più vicini.
Non si può più prescindere da questa realtà, al contrario bisogna prenderne atto rapidamente. Viviamo in un momento di grande mutamento sociale in cui l’Europa, pigra e ricca, soffre per uno stato sociale troppo costoso, per un debito troppo elevato, per un irrigidimento nella contrattualistica del lavoro, e per una pressione che viene da paesi, con un costo del lavoro più basso, con una scolarità di ottimo livello, con aggressività ed orgoglio, di chi pretende un proprio ruolo in questa nuova organizzazione mondiale.
Ma non basta. Nuove realtà come il nord Africa, si stanno affacciando verso l’Europa, stati che in passato hanno giocato un ruolo determinante nell’economia europea.
E’ cambiato il contesto, dovranno cambiare le regole, se vorremo semplicemente sopravvivere.
Pomigliano è un’occasione di cambiamento. E’ un’opportunità per gli ingegneri e gli operai di Fiat di provare ad adeguare il proprio modello di lavoro ed organizzativo, affinché sia vincente anche nei confronti dei contesti dei paesi emergenti. Non è detto che l’accettazione delle condizioni basti a vincere la sfida mondiale, ma sicuramente ha buone probabilità di riuscita.
Non solo. Domani sarà difficile, se non impossibile che un investimento possa essere promosso con delle condizioni da rispettare. Sempre più in futuro, il territorio, la sua logistica, le capacità tecniche degli ingegneri, degli operai, dovranno essere già perfettamente adeguate, affinché il mercato spontaneamente ne sia attratto. E l’esperienza Pomigliano, in una logica di competitività mondiale potrebbe creare i presupposti virtuosi di una crescita locale , per l’eccellenza creata.
Se cambia il contesto, deve cambiare il modello di rappresentatività delle imprese.
E’ preoccupante che un sindacato, in modo autonomo, porti avanti una trattativa così vitale, senza che prima non ne abbia condiviso la scelta con la realtà lavorativa. I referendum andrebbero fatti prima, affinché chi rappresenta, lo faccia con una delega chiara, e con una missione ben precisa. Per il popolo di Pomigliano è fondamentale comprendere quanto siano realmente rappresentati i loro, e solo, i loro interessi.
Il referendum rappresenterà in modo evidente con una maggioranza superiore al 95% che il primo diritto che i lavoratori pretendono che venga rispettato, sia quello del diritto al lavoro.
Il restante 5% dimostrerà la presenza di quella parte di lavoratori presenti a Pomigliano per clientela politica, o peggio per appartenenza al malaffare locale. Se così fosse, se ne ricaverebbe un ulteriore messaggio, che il popolo delle persone perbene, degli operai che gridavano di avere competenza, dovranno anche in futuro fare sentire costantemente la loro voce e la loro presenza.
Infine l’ultima questione.
Il dott. Marchionne ha dimostrato grande serietà e credibilità. E’ difficile godere della stima dei potenti e contemporaneamente essere applaudito dagli operai della Chrysler. La sua responsabilità è grande domani che l’accordo ci sarà , quando si dovranno scegliere i manager a cui affidare 700 milioni di investimento e la dignità di gente che si è sottoposta a sacrifici, per il solo diritto di lavorare.
Troppo spesso chi ha gestito le imprese del Sud, non conosceva il Sud, ed era pieno di convinzioni e pregiudizi sulla laboriosità dei meridionali, gli stessi che con grande dignità hanno fatto grandi le imprese del nord.
E’ su questo managment, che la Fiat, e gli operai di Pomigliano si giocheranno un pezzo di futuro, un primo pezzo di futuro, che finalmente potrebbe dare prospettiva anche ai propri figli.
Chiunque abbia avuto il piacere di arrivare a Napoli dal mare, rimane incantato da un panorama unico, da una città che declina dolcemente verso il mare, incastonata tra Castel Sant’Elmo e Castel dell’Ovo.
I cattivi dicono che da quella visuale si esalta la città, che non mostra le ferite inferte dal cemento, dal degrado, dall’abuso, dallo smog… e poi che non si intravedono ancora i napoletani. Il famoso paradiso abitato da diavoli, immagine già presente nel 700.
In verità, il mare di Napoli è una risorsa di valore inestimabile, che potrebbe dare ricchezza e splendore alla città.
Turisticamente il golfo di Napoli consente con poca fatica di raggiungere mete di bellezza nota a livello mondiale: Capri, Procida, Ischia, Sorrento, Amalfi, Positano, Nerano… una lista di siti di valore inestimabile. Ebbene quante persone ho conosciuto, tutte mi hanno raccontato di essere state in questi splendidi posti passando per Napoli solo perchè costretti, dai mezzi di trasporto. Pochi, pochissimi hanno pensato di allungare la sosta a Napoli.
Insomma, Napoli non trae vantaggio dall’essere al centro di un golfo così ricco turisticamente.
Facendo la lista dei siti archeologici nell’area flegrea, dei musei napoletani, dei monumenti e dei palazzi storici, e della città sotterranea…non si finisce mai di scoprire bellezze incredibili, a volte sconosciute a noi napoletani, ma note nel mondo.
Spesso questi siti sono chiusi o fruibili in particolari giorni, o sono degradati e, quando visitabili, raramente ci sono guide esperte che sanno farne apprezzare il valore.
Per non parlare dell’offerta di alberghi di vario livello che Napoli offre e tali da soddisfare le più disparate esigenze
L’opportunità di legare in maniera integrata una siffatta offerta consentirebbe l’esaltazione di quanto esiste a Napoli e dintorni, consentendo enormi opportunità di lavoro.
Un grande portale turistico della città che integri offerta e domanda sarebbe il veicolo ideale per offrire la città al mercato internazionale, costituendo la vetrina ideale degli operatori della città. Non solo, ma sarebbe la forza trainante per la nascita di nuove opportunità.
Immaginate per un attimo di fare l’inventario di tutti i siti non visitabili perché privi di risorse, o perchè sono poco conosciuti e poco visitati.
E immaginate allora di affidare ogni monumento a piccole cooperative di ragazzi (esperto di storia dell’arte, una guida multi-lingua, e qualche ragazzo che faccia da usciere, e le pulizie), e immaginate ancora che questo singolo monumento sia ben rappresentato sul portale, con una grafica accattivante, ed ancora che sia possibile acquistarne il biglietto via internet e prenotare la visita con l’esperto, e immaginate ancora tramite il portale di proporre tutto quanto la città riesca ad offrire nel suo intorno (ristoranti, teatri, altri monumenti..).
Ecco come con modesti investimenti si potrebbe creare un motore nuovo, una nuovo modello di rappresentazione integrata degli operatori della città, che si presenterebbero al mercato mondiale come un’unica grande risorsa: la città di Napoli.
Un modo forte di rappresentare l’altra Napoli, quella che non appare mai.
Ma a Napoli i turisti non arrivano solo in aereo, in auto o in treno, c’è un turismo molto ricco, che arriva da mare, soprattutto d’estate. Arriva con le navi da crociera, ma anche con imbarcazioni yacht o barche a vela di tutte le dimensioni.
L’offerta ricettiva di questa ricca clientela è nulla. Napoli non riesce a servire nemmeno i tanti napoletani che hanno una barca di qualsivoglia dimensione. Eppure Napoli è sul mare. Ci sono aree (io penso sempre al molo Molosiglio), che con pochi investimenti consentirebbero di creare ampie banchine per la realizzazione di porti turistici di ampia recettività. QUANTI POSTI di LAVORO, marinai, skipper, elettricisti, cuochi, si riuscirebbero a creare senza alcuna fatica, ed arricchendo la città anche dal punto di vista di tutti i servizi accessori.
Eppure non si fa nulla, nulla che creerebbe valore in modo semplice, in particolare per i napoletani, senza chiedere investimenti di grandi gruppi esterni alla città, senza dovere prevedere investimenti che impoveriscono Napoli.
C’è un ultimo aspetto sul quale è importante riflettere: il verde.
Napoli, il Comune, con tanti dipendenti sembra non avere giardinieri. Investire nel verde è poco costoso. Le piante non costano molto, ma costa la manutenzione iniziale, i sistemi di irrigazione. Una città più verde è più bella, più respirabile. E la manutenzione del verde è rappresentativa della cultura di una città. In una città come Napoli, avere cura di un’aiuola, del verde, conoscere un albero sarebbe un fatto non da poco. Un messaggio forte alla voglia di riscatto della città sana che porta i bambini a passeggio o nei giardini, che non ci sono più.
Passeggiando per Napoli si rimane sconcertati per il dissesto delle strade, per l’innumerevole numero di palazzi fatiscenti, anche in zone di prestigio, di lampioni che sono tutti precari.
Sono assurdi i sensi di circolazione, le corsie preferenziali utilizzate da tutti e i semafori temporizzati in modo errato. Cose evidenti a tutti, soprattutto ai tassisti che, se interrogati, daranno tutti la stessa soluzione al problema. Sempre di una semplicità disarmante, tanto semplice che ti costringe a pensare che solo la “strafottenza” può creare una tale degenerazione, anche perchè le soluzioni sono evidenti, semplici e poco costose.
Il “poco” costoso può essere mai la chiave di tanto disservizio?
Un sistema malato e corrotto può cercare la soluzione sempre più costosa e meno utile perchè in questo modo sarà più grande l’eventuale spartizione economica tra società appaltatrici, ente, politici e gente di malaffare? Probabilmente è così.
Certo è che la continua ricerca del grande appalto comporta la ricerca delle grandi aziende e queste non sono mai del Sud ma forniscono, con il loro nome blasonato, la copertura a qualsivoglia pastrocchio successivo. Spesso si prestano a questo gioco perverso, attraverso opportuni rappresentanti locali, che svendono la città per pochi euro, rispetto all’enorme danno che consentono di realizzare.
Ci sono opere appaltate che non finiscono mai, e sembra che il Comune non riesca a concepire un modalità di appalto a prezzo chiuso e soprattutto in tempi definiti. Ognuno di noi, che ristruttura la propria casa, si guarderebbe bene dal commissionare l’appalto se non a prezzo chiuso. E ciò nonostante, è veramente difficile non essere soggetti a varianti in corso d’opera.
Se invece si stravolgesse completamente la logica d’appalto, ed i grandi lavori si scomponessero in tanti più piccoli appalti, ma tutti perfettamente circoscritti ed inquadrabili
in modo chiaro, si avrebbe la possibilità di dare lavoro a molte micro-imprese che più facilmente sarebbero di Napoli e dintorni. E questo principio, ben gestito, si potrebbe fare applicare anche ai grandi appalti più complessi, dove si potrebbe pretendere una partecipazione percentuale di imprese qualificate del territorio, in Associazione d’impresa con il committente principale, affinché la piccola impresa campana maturi crediti e professionalità nell’ambito dell’edilizia pubblica.
In questa logica il Comune, il suo ufficio tecnico, potrebbe ritornare ad essere un luogo di professionisti qualificati, per definire gli appalti e gestirli in modo professionale, e controllato.
Questi semplici principi, molto lontani dagli attuali, si presterebbero ad una più trasparente logica degli appalti, che prevedrebbe un albo qualificato e certificato di imprese.
In una città come Napoli dove esiste una necessità primaria di distogliere forze giovani e poco qualificate dalla strada, dalla disoccupazione e dalle sirene della malavita, un approccio determinato a creare le condizioni di una ripresa dell’edilizia pubblica in modo concreto, consentirebbe un’immediata opportunità di creare lavoro, solo in apparenza poco qualificato.
Il comune dovrà essere rigoroso nel fare rispettare i contratti di lavoro, e ciò garantendo in primis all’azienda un valore di appalto, tale da garantire l’assumibilità delle risorse.
In pratica, la ripresa delle opere pubbliche, di tante piccole opere, consentirebbe immediatamente di: creare lavoro di vari livelli qualitativi, rendere più vivibile la città, dare più prospettive ai giovani ed alle piccole imprese territoriali.
Fondamentale sarebbe porre in ogni cantiere la data di fine lavori, pubblica ai cittadini, e spiegarne l’intervento.
Fondamentale è la scelta delle priorità degli interventi:
In primis tutti gli interventi necessari per garantire la sicurezza. Io ho vissuto due volte la tragedia di vedere amici e conoscenti morti per una buca, caduti in modo drammatico dal motorino. Tutti ricordano persone morte per la caduta di un lampione, altri per la caduta di un albero, e poi ci sono le fogne sempre mal manutenute con i relativi danni che ciò arreca. E poi tutti gli interventi che migliorerebbero il traffico, o i parcheggi.
Ma ciò non eviterebbe che, in parallelo e con il supporto di fondi europei, vista la quantità di siti di bellezza incredibile, si possa intervenire con opere che migliorino la città in qualità .
Si può ridare colore alla città, che sembra non avere un giardiniere, attraverso nuove piante, nuovi giardini.
Sono cose banali, semplici. Se non si sono mai fatte, è triste dover pensare che tutti quelli che hanno gestito Napoli, negli anni, non hanno mai amato né la città, né i suoi cittadini.
“La criminalità, è noto, prospera dove fondamentalmente vige l’ignoranza, che alimenta paura e sottomissione, e dove non c’è lavoro”.
È vera la prima ipotesi, inesatta la seconda.
Perchè, in verità, spesso non manca il lavoro in sé, ma la cultura del lavoro, cioè l’idea che esistano tanti modi, e diversi, per riuscire onestamente a portare uno stipendio a casa. Spesso, dove non c’é la cultura del lavoro non si cerca il lavoro, ma un posto sicuro che, a differenza del lavoro vero, si disinteressa alla creazione del valore, non induce alla proattività ma, al contrario, introduce una passività ed uccide l’entusiasmo, la speranza in un domani più piacevole e ricco.
Ma la criminalità si diffonde anche dove, per scelta precisa del mondo politico, manca lo Stato: mancano le regole ed il sopruso prende il posto del vivere civile.
Il tipo di lavoro non può prescindere dal luogo, dal contesto, dalla cultura, dalla storia dall’indole delle persone, dalla natura, dal clima. Molto spesso, quando chi governa una città (e a Napoli è successo spesso) non vi è nato e vissuto, porta modelli di vita, di lavoro, culturali che non appartengono all’identità del luogo. Nasce contrapposizione, si producono investimenti non adatti al contesto, anzi contrari.
Mi spiego meglio con un esempio per comprendere la differenza sostanziale tra creare posti di lavoro ed invece creare contemporaneamente cultura del lavoro e lavoro.
Sempre più spesso le città investono in megacentri commerciali.
Politicamente la scelta sembra vincente, perchè si creano posti di lavoro. Non si crea un grande indotto, in quanto questi centri si de-localizzano fuori città per la facile raggiungibilità e per gli ampi spazi necessari. Politicamente ci si rapporta spesso con grandi gruppi industriali e questo conferisce “potere” al politico di turno. Molto spesso i costruttori dell’opera devono fare i conti con il “territorio ed il relativo malaffare” per licenze, aziende edili…
E poi arriva il momento delle assunzioni: la maggior parte di queste riguardano figure di bassa professionalità, dove il condizionamento politico e delinquenziale ha gioco facile. I neo assunti, molti di questi, saranno i clienti della politica locale, ed alcuni risponderanno al malavitoso locale.
Ma l’aspetto più grave, che viene sottovalutato, è che abbiamo in questo modo affermato che il lavoro si ottiene con favori, e senza dovere necessariamente esprimere competenza e professionalità. I lavoratori non si sforzeranno di dare il loro massimo valore, ma si atterranno ai compiti, con l’unico obiettivo dello stipendio e badando solo a non essere licenziati. Proviamo a dare un’alternativa a questa logica.
Le grandi città, e Napoli è una di queste, sono ricche di storia e di tradizione. Spesso vi sono quartieri che un tempo erano splendidi ed oggi sono degradati, trascurati, ed a Napoli anche sporchi, dove si creano le condizioni di vivibilità per povera gente, e gente al limite della società. Di contro, in questi quartieri sopravvivono antichi mestieri: oltre al bar, esiste il macellaio, il salumiere, il tabaccaio, gli artigiani di tanti mestieri. Ed i palazzi sono splendidi, ma trascurati, spesso in rovina. Esiste tanta gente che ogni mattina fa il suo lavoro: alza la saracinesca ed incomincia la sua giornata, che spesso coinvolge la moglie ed i figli. In queste persone esiste la cultura del lavoro, la consapevolezza del rischio d’impresa, che tutta la famiglia è coinvolta a difendere.
Se si restaurassero questi quartieri, nel rispetto architettonico, dando antico splendore ai luoghi, organizzando le vie in modo strutturale, rendendo agevole il passeggiare…
Se tutti i negozi avessero delle facciate in unico stile e, soprattutto, si coinvolgessero i piccoli negozianti nel progetto, tutelandoli e garantendo loro un esercizio commerciale di qualità, si consoliderebbe la loro capacità imprenditoriale, si incrementerebbe il loro volume d’affari, si darebbe più certezza ai figli nel continuare l’impresa paterna.
Politicamente una tale operazione darebbe più successo e visibilità rispetto alla sponsorizzazione di un ipermercato in periferia. In quella area si creerebbero inoltre, anticorpi formidabili contro qualunque forma di criminalità.
Senza accorgercene, inoltre, avremo alimentato la politica della GLOCALIZZAZIONE, cioè la determinazione ad amplificare il valore delle Eccellenze locali che sarà, a mio avviso, un tema fondamentale affinché il Sud Italia, e Napoli in particolare, possano ritrovare la strada del riscatto.
Di esempi del genere ne faremo tanti: essi saranno il corpo di una politica del cambiamento, basata sulla “necessità” di valorizzare quanto Napoli riesce già a fare, affinché si consolidi tale valore. Interventi semplici, e poco costosi, ma capaci di cambiamenti evidenti e facilmente percepibili dalla gente comune, non solo nella forma rappresentativa, ma soprattutto nella sostanza di creare opportunità e valore per se stessi.